I rientri europei e latino-americani: chiusura di un ciclo migratorio

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Nel Friuli occidentale, tra gli anni sessanta e settanta, l'affermarsi dell'industria meccanica legata alla città di Pordenone frena i passaggi stagionali verso i paesi europei: la pedemontana funziona ora come bacino di manodopera della concentrazione industriale pordenonese.

La lenta costruzione di un mercato regionale del lavoro, che permette di ottenere una certa mobilità sociale senza dover emigrare, conduce alla fine dell'emigrazione forzata, dell'emigrazione "a tempo e scopo determinato".

Il terremoto del 1976 non modifica l'andamento dei rientri, ma consente invece un reinserimento più facile per le professioni edili.
Negli ultimi quattro decenni, i lavoratori che si recano temporaneamente all'estero al seguito delle imprese italiane hanno soppiantato i classici esodi migratori.

L'emigrazione "cantieristica" o "tecnologica", che muove dai paesi del Friuli occidentale, ha come destinazioni principali l'Africa, l'America Latina, l'Estremo Oriente, ed i Paesi Arabi. Livello tecnico e retributivo, esiguità dei flussi e garanzie sociali non consentono il paragone con le esperienze precedenti.
Lavoro italiano all'estero al quale i Friulani danno un contributo rilevante, non solo come operai, maestranze o professionisti, ma anche come titolari o dirigenti d'industrie affermate.

I ritorni da alcuni paesi europei e latino-americani, soprattutto dalla Svizzera, da Venezuela, dal Brasile e dall'Argentina sono storia recentissima.
Dalla confederazione si rientra per trascorrere gli anni della pensione in Patria, dai Paesi dell'America Latina la partenza è soprattutto legata a congiunture economico-sociali sfavorevoli.

Per chi arriva dopo decenni di lavoro all'estero, il rientro può spesso comportare una nuova emigrazione.
Per i giovani latino-americani il Friuli incontrato non sempre coincide con la terra che i genitori e nonni hanno idealizzato.