Donne emigranti e, donne di emigranti

Sezione 10 di 12   precedente - successiva

"La condizione della donna è poco lieta in tutti i comuni del distretto ma, stante le improbe fatiche che deve sopportare, è veramente miserabile nei comuni montani di Frisanco, Andreis, Barcis, Claut, Cimolais ed Erto, ove è costretta a fare le veci delle bestie da soma, e compiere viaggi di molti chilometri portando sulle spalle carichi di sessanta chilogrammi" osserva nel 1874 l'avvocato Fovel.

Le donne della pedemontana e soprattutto quelle della montagna, venditrici ambulanti, balie o braccianti, non dovranno però attendere la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento per concorrere col lavoro fuori casa al miglioramento di bilanci domestici, se non miserabili talvolta precari.
A cavallo tra il XVIII e il XIX secolo per esempio le tesane si recano spesso al Pio Luogo di Venezia per prendere bambini abbandonati da allattare, ricevendo in cambio un compenso.

Un mestiere, quello delle balie che, in Friuli, diventa tuttavia sempre più rifugio per molte puerpere non solo della montagna ma anche della pianura.
La notevole partecipazione delle donne all'emigrazione nei primi anni del novecento non incrina, tuttavia, il ruolo centrale che, progressivamente, esse guadagnano nella gestione dell'organizzazione domestica e dell'economia familiare a causa e in virtù dell'emigrazione temporanea maschile.

Nell'emigrazione transoceanica il ruolo della donna assume valenza importante non solo una volta approdati all'estero, ma anche nel momento della non facile scelta della partenza verso le campagne argentine e brasiliane.

Nel primo quindicennio del Novecento, ma soprattutto tra gli anni Venti e Trenta, assume particolare importanza il flusso delle donne che lasciano le famiglie per "gî a servì" andare a servizio nelle grandi città italiane, da Roma a Venezia, da Napoli a Milano, da Padova a Genova.

Come emigranti o come mogli di emigranti, all'estero vicino o lontano, nelle altre regioni d'Italia o, semplicemente, si fa per dire, accettando in paese, a casa o in filanda per esempio, il lavoro che costringe la partenza dell’uomo di famiglia, la fatica della donna, di quella che resta e di quella che parte, contrassegna le grandi trasformazioni e il faticoso progresso sociale ed economico che, soprattutto fino alla prima guerra mondiale, investono il Friuli in tutti i suoi aspetti.